Progettare uno stand, grande o piccolo che sia, richiede la capacità di far interagire due discipline: architettura e comunicazione. Un corretto progetto di stand è frutto di una competente, sicura e completa cultura progettuale dei volumi, degli spazi, dei piani, dei materiali appropriati, dell’exhibit design, del mostrare, integrata con una adeguata cultura delle tecniche di comunicazione d’impresa e della percezione, per presentare un’identità convincente di marca, per promuovere vendite, immagine, contenuto tecnologico e affidabilità dell’impresa.

La logica espositiva dello stand richiede un’intelligenza critica di progettazione, diretta a intensificare l’impatto dell’allestimento in chiave di comunicazione d’impresa, rendere persuasiva e vincente l’immagine sugli espositori concorrenti, stimolare l’attenzione e la percezione del messaggio attraverso le tecniche e gli strumenti architettonici.

La filosofia architettonica, nel progetto dello stand, deve essere strumentale alla filosofia della comunicazione. Lo stand, supporto di una corretta e convincente percezione dell’immagine d’impresa, deve essere una combinazione tra tecniche architettoniche, di arredo e di comunicazione tale da influenzare le percezioni sensoriali dei visitatori, condizionando gli atteggiamenti verso la marca e le decisioni d’acquisto.

Il mostrare fa acquisire una nuova dimensione al progetto architettonico, che ha come finalità la comunicazione commerciale, stimolando nuove logiche di ideazione. Anche l’uso e la scelta dei materiali diventa strumentale alla comunicazione. Il contesto fieristico trascende la relazione tra spazio e funzione architettonica perché le superfici, la luce, i colori, le testurizzazioni, i piani, gli spazi, le volumetrie, il look, lo stile, il design, i complementi di esposizione e di arredo acquistano la funzione di strumenti dell’immagine: l’allestimento, quindi, diventa un macchina integrata nella funzione di comunicazione d’impresa.

“Materiali, tecnologie, allestimento: strumenti oggettivi
di comunicazione sensoriale”